
Elena Ventura racconta "Inevitabile"
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10/07/2025 | lorenzotiezzi
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Nel suo nuovo disco, Elena Ventura non ha evitato nulla. Nessuna parola addolcita, nessun pensiero trattenuto. “Inevitabile” è il titolo che ha scelto e non è solo un aggettivo, ma una dichiarazione di intenti. In queste canzoni c'è la scelta di non scappare, di restare fedeli a sé stessi anche quando è più comodo somigliare agli altri. Tra brani che raccontano il coraggio di esporsi e cover che rispolverano l'amore di una volta, Elena ci conduce in un percorso sincero e profondamente umano. E mentre ci confida che non ha più paura di sentire, nemmeno il dolore, ci ricorda che la fragilità non è una moda: è un atto di resistenza.
“Inevitabile” è un titolo definitivo, quasi fatalista. C'è qualcosa che invece hai evitato fino all'ultimo, nella scrittura di questo album?
No, sinceramente no. Nella scrittura di questo album non ho evitato nulla: sono stata molto diretta e trasparente con quello che sentivo. È uscito tutto in modo naturale.
C'è un brano che non ti somiglia più, ora che il disco è uscito?
No, non c'è un brano che sento lontano da me. Ogni pezzo è come un figlio, ognuno racconta una parte di me e del mio percorso. Non potrei mai scegliere o sentirmi distante da uno in particolare.
In “E allora vado giù” sembra che tu stia parlando di una resa, ma in realtà è un inno alla sensibilità. Secondo te che differenza c'è tra fragilità e arrendevolezza, oggi che va tanto di moda essere “vulnerabili”?
E allora vado giù non parla di resa, ma di scelta. È il gesto di buttarsi nelle cose anche quando non si ha l'approvazione di tutti. È un modo per affermare sé stessi, il proprio pensiero, in un mondo che spesso ci vuole omologati. La fragilità, per me, non è arrendevolezza: è avere il coraggio di sentire tutto, di esporsi, anche quando si è diversi o si rischia di cadere. Essere vulnerabili oggi va di moda, sì, ma la vera forza è restare fedeli a sé stessi anche quando costa.
Le tue canzoni sembrano dire: “voglio sentire tutto, anche il dolore”. Ma c'è qualcosa che non vuoi più sentire, nel tuo percorso artistico o personale?
Sinceramente no, non c'è qualcosa che non voglio più sentire. Sto cercando di accettare tutto quello che mi succede, dentro e fuori. Le emozioni contrastanti, i pensieri scomodi. invece di combatterli, provo a lasciarli fluire. Non è facile, ma ci sto lavorando: sentire tutto, anche il dolore, per me è un modo per restare viva e presente.
Hai scelto di chiudere con “Ma l'amore no”: cosa succede, secondo te, quando una voce nuova si misura con un brano che ha fatto la storia?
Quando una voce nuova si misura con un brano che ha fatto la storia, succede qualcosa di potente: si dà valore a qualcosa che rischiava di essere dimenticato. Ci sono canzoni del passato che, a mio parere, sono molto più ricche e profonde di tante di oggi, perché portano con sé valori che abbiamo un po' perso. 'Ma l'amore no' parla di un amore vero, che resiste, che supera le difficoltà. Oggi invece spesso ci si arrende al primo ostacolo. Interpretarla è stato un modo per riportare alla luce un messaggio che sento ancora fortissimo.
Ti sei formata anche nel canto jazz: cosa hai imparato sulla voce che ti ha aiutato a trovare un'identità come cantautrice?
Il canto jazz mi ha insegnato l'improvvisazione e il gioco con le melodie, due aspetti fondamentali per sviluppare creatività. Questa libertà nel trattare la voce mi ha aiutato tantissimo a trovare un mio modo di esprimermi, e l'ho portata nella scrittura dei miei brani inediti. Improvvisare, per me, è stato il primo passo per creare qualcosa di mio, dal nulla.”
Usi mai la scrittura per mentire? (E se sì, qual è la bugia più bella che hai scritto?)
Non direi che mento. Quello che scrivo nasce da cose che sento di raccontare, da fantasie su come vorrei essere o da ricordi del passato che magari rielaboro. Non è sempre la realtà nuda e cruda, ma è qualcosa che contiene una verità emotiva. L'arte, in fondo, non è solo realtà: se fosse solo cronaca, non sarebbe arte.
Prossimi progetti?
Vorrei godermi l'estate, cantare, stare in mezzo alla gente. Poi si vedrà. Non ho fretta: mi piace lasciare spazio a quello che può nascere spontaneamente.
“Inevitabile” è un titolo definitivo, quasi fatalista. C'è qualcosa che invece hai evitato fino all'ultimo, nella scrittura di questo album?
No, sinceramente no. Nella scrittura di questo album non ho evitato nulla: sono stata molto diretta e trasparente con quello che sentivo. È uscito tutto in modo naturale.
C'è un brano che non ti somiglia più, ora che il disco è uscito?
No, non c'è un brano che sento lontano da me. Ogni pezzo è come un figlio, ognuno racconta una parte di me e del mio percorso. Non potrei mai scegliere o sentirmi distante da uno in particolare.
In “E allora vado giù” sembra che tu stia parlando di una resa, ma in realtà è un inno alla sensibilità. Secondo te che differenza c'è tra fragilità e arrendevolezza, oggi che va tanto di moda essere “vulnerabili”?
E allora vado giù non parla di resa, ma di scelta. È il gesto di buttarsi nelle cose anche quando non si ha l'approvazione di tutti. È un modo per affermare sé stessi, il proprio pensiero, in un mondo che spesso ci vuole omologati. La fragilità, per me, non è arrendevolezza: è avere il coraggio di sentire tutto, di esporsi, anche quando si è diversi o si rischia di cadere. Essere vulnerabili oggi va di moda, sì, ma la vera forza è restare fedeli a sé stessi anche quando costa.
Le tue canzoni sembrano dire: “voglio sentire tutto, anche il dolore”. Ma c'è qualcosa che non vuoi più sentire, nel tuo percorso artistico o personale?
Sinceramente no, non c'è qualcosa che non voglio più sentire. Sto cercando di accettare tutto quello che mi succede, dentro e fuori. Le emozioni contrastanti, i pensieri scomodi. invece di combatterli, provo a lasciarli fluire. Non è facile, ma ci sto lavorando: sentire tutto, anche il dolore, per me è un modo per restare viva e presente.
Hai scelto di chiudere con “Ma l'amore no”: cosa succede, secondo te, quando una voce nuova si misura con un brano che ha fatto la storia?
Quando una voce nuova si misura con un brano che ha fatto la storia, succede qualcosa di potente: si dà valore a qualcosa che rischiava di essere dimenticato. Ci sono canzoni del passato che, a mio parere, sono molto più ricche e profonde di tante di oggi, perché portano con sé valori che abbiamo un po' perso. 'Ma l'amore no' parla di un amore vero, che resiste, che supera le difficoltà. Oggi invece spesso ci si arrende al primo ostacolo. Interpretarla è stato un modo per riportare alla luce un messaggio che sento ancora fortissimo.
Ti sei formata anche nel canto jazz: cosa hai imparato sulla voce che ti ha aiutato a trovare un'identità come cantautrice?
Il canto jazz mi ha insegnato l'improvvisazione e il gioco con le melodie, due aspetti fondamentali per sviluppare creatività. Questa libertà nel trattare la voce mi ha aiutato tantissimo a trovare un mio modo di esprimermi, e l'ho portata nella scrittura dei miei brani inediti. Improvvisare, per me, è stato il primo passo per creare qualcosa di mio, dal nulla.”
Usi mai la scrittura per mentire? (E se sì, qual è la bugia più bella che hai scritto?)
Non direi che mento. Quello che scrivo nasce da cose che sento di raccontare, da fantasie su come vorrei essere o da ricordi del passato che magari rielaboro. Non è sempre la realtà nuda e cruda, ma è qualcosa che contiene una verità emotiva. L'arte, in fondo, non è solo realtà: se fosse solo cronaca, non sarebbe arte.
Prossimi progetti?
Vorrei godermi l'estate, cantare, stare in mezzo alla gente. Poi si vedrà. Non ho fretta: mi piace lasciare spazio a quello che può nascere spontaneamente.
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