Intervista ad Annamaria Zizza,  autrice dell’opera “La regina di Tebe”.

Intervista ad Annamaria Zizza, autrice dell’opera “La regina di Tebe”.

Annamaria Zizza vive a Catania, dove insegna materie letterarie in un liceo. Collabora con la rivista di egittologia e archeologia "Mediterraneo antico" e ha pubblicato i romanzi storici “Lo scriba e il faraone” (Algra Editore, 2021) e “La regina di Tebe” (Marlin Editore, 2023), che vanta un'illustre introduzione della scrittrice Dacia Maraini. Ha ricevuto due menzioni speciali al Premio letterario "Salvatore Quasimodo" e al Premio "Efesto" per i suoi componimenti poetici.
 
«Ci presenta il suo romanzo storico “La regina di Tebe”?»
Molto volentieri. E' un romanzo storico che, come ogni romanzo storico, strizza l'occhio al presente. E molti, infatti, sono gli elementi di raccordo tra passato e presente. E' anche un romanzo psicologico con sfumature gotiche e erotiche, strumentali alla descrizione di personaggi che emergono così nella loro individualità. E' stato appagante e anche divertente dare voce a figure storiche che non sono mai uscite dalle pagine dei saggi storici e farle diventare vive.
 
«L'opera si origina dalla sua grande passione per l'egittologia e la ricerca a essa correlata; vuole raccontarci quando è nato questo interesse, come lo ha alimentato nel tempo e, soprattutto, a cosa l'ha condotta?»
C'è stata una grande e faticosa ricerca, però, al di là della cornice storica attenta e rigorosa, ci sono la verosimiglianza e la fantasia che hanno ricostruito ciò su cui non c'erano documenti, lettere, tracce visibili. E' anche questo il compito della scrittura. Ricostruire l'invisibile, rendere visibile come inchiostro simpatico, ciò che non appare ai nostri occhi. Ho iniziato con la piacevole divulgazione di Ceram, poi con i saggi archeologici e la frequentazione di forum su cui scrivevano specialisti del settore. Da lì l'idea di raccontare una storia pochissimo nota, quella di una donna coraggiosa che ha sfidato le leggi dei suoi tempi. E di cui non sappiamo quasi niente. Per gli Ittiti la ricerca è stata più complessa, perché molto materiale è in inglese e in tedesco.
 
«Ne “La regina di Tebe” colpisce la cura con cui ha rappresentato gli ambienti in cui si muovono i personaggi, fino a descrivere minuziosamente anche l'abbigliamento e perfino i cibi consumati all'epoca; con la stessa attenzione ha delineato le figure dei personaggi presenti nell'opera, donando a ognuno, anche ai minori, una voce e delle motivazioni forti e riconoscibili. Soprattutto le figure femminili, e in particolare Ankhesenamon, la vedova del faraone egizio Tutankhamon, e Malnigal, la moglie del re degli ittiti Suppiluliuma, sono poste al centro della narrazione. Qual è, tra le due donne, colei che più ha amato caratterizzare, e perché
Sono due donne diverse: Ankhesenamon è donna forte ma anche sognatrice, vuole realizzare il regno dell' Aton sulla terra, improntato all'armonia e alla pace. E' una donna di potere ma è senza figli. Per questo architetta il pericoloso piano che descrivo nel libro. L'altra è la sensuale Malnigal, regina straniera, moglie del re ittita, una maga dai poteri oscuri, un po' Medea, un po' Fedra. Rappresenta l'ombra che è dentro ogni donna, spesso soffocata dalle convenzioni sociali. Mi è piaciuto raccontare di entrambe, perché entrambe confluiscono nella mia idea di donna libera.
 
«So che lo scriba e medico babilonese Menthuotep, già figura predominante nel suo precedente romanzo, è un personaggio nato dalla sua fantasia. Qual è l'importanza simbolica che riveste all'interno della storia da lei raccontata nella sua ultima opera?»
L'importanza della scrittura nel libro è rappresentata dallo scriba eternatore di memorie, ponte tra passato e futuro: Menthuotep, uno dei protagonisti del romanzo, straniero (il tema dello straniero e dell'accoglienza è molto trattato nel libro) e uomo “in limine” tra nostalgia del passato e speranza per un futuro diverso e, chissà?, migliore. Uno scriba-medico, che utilizza le erbe medicamentose e la parola come “medicina doloris”, e che tramanda le memorie nel nome del dio Toth. La sua è una Verità che ha lo stigma del divino, dunque. E infatti Menthuotep sostiene che quanto racconta non è frutto di dicerie ma testimonianza diretta di eventi a cui ha assistito.
E però io racconto molte storie (anche a incastro) all'interno del romanzo, perché credo che la Verità terrena sia parziale e incompleta.
 
«Vuole condividere con noi una citazione dal suo romanzo che le sta particolarmente a cuore? Può spiegarci il motivo della sua scelta?»
«Voglio dimenticare» ripeté Baketamon. «Voglio ricominciare a vivere.»
Anche Menthuotep lo avrebbe voluto. Aveva provato molte volte a vivere il presente, ma ogni tanto i ricordi del passato riaffioravano come cadaveri di annegati. E anche sospingerli verso il basso, verso il fondo del pozzo o verso gli abissi dove si sedimentano i depositi rocciosi, non serviva che ad alimentarli. Li allontanava per poco, come quando aveva visto quel che restava del corpo di Tutankhamon sparire nelle torbide profondità della vasca di natron e poi riemergere trasformato in altro, una sagoma da fasciare con bende del lino più pregiato. Così diversa dal ragazzo che aveva amato come un figlio. Eppure da qualche tempo sentiva un'urgenza dentro di sé, un bisogno di respirare il suo presente. Di vivere tutto il tempo che gli dei gli avessero concesso.
 
Dal cap. XIII: “UNA PAROLA PERFETTA È PIÙ NASCOSTA DELLA PIETRA VERDE”
 
L'ho scelto perché credo nella speranza e nei percorsi di redenzione da un passato doloroso.
 
 
«Considerando la sua passione per la storia egizia, le chiedo: se avesse una macchina del tempo, quale personaggio appartenente a quel periodo storico vorrebbe incontrare, o a quale evento vorrebbe assistere
Vorrei incontrare il grande Tuthmosis III, il vincitore di Megiddo, che nel tempo è diventato l'Armageddon dell'Apocalisse di Giovanni. Era un uomo lungimirante, di grande spessore politico e militare. Il generale Horemheb del mio romanzo, che diventerà faraone, è stato da me descritto con caratteri e gesti che rimandano a Tuthmosis.
 
«Il suo primo romanzo, “Lo scriba e il faraone”, condivide alcuni personaggi con “La regina di Tebe”: nell'opera, infatti, si narra dell'amicizia tra il giovanissimo Tutankhaton, poi passato alla Storia come Tutankhamon, e il suo maestro Menthuotep. È meglio approcciarsi prima a quest'opera, o i due libri possono essere letti indipendentemente l'uno dall'altro? Ha in mente di scrivere un terzo romanzo che possa concludere un'ideale trilogia con protagonista il saggio scriba babilonese?»
E' possibile leggere i due libri anche separatamente, perché hanno un'autonomia narrativa interna che lo consente. E sì, mi piacerebbe scrivere un terzo romanzo sullo scriba, ambientandolo anche nella Grecia arcaica, che già allora apparteneva, in un ideale summit, al gruppo delle grandi potenze. Ho già delle idee in mente...
 
 
Contatti
https://www.instagram.com/annamariazizza_scrittrice/
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Link di vendita online
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https://www.amazon.it/regina-Tebe-Annamaria-Zizza/dp/8860431867
 
 

libro, romanzo, romanzo storico, scrittrice

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